2021/22 - Catechesi Adulti
DEUTERONOMIO In questo nuovo anno pastorale la catechesi degli adulti propone la lettura e meditazione del Deuteronomio. E’ il quinto e ultimo libro del Pentateuco che costituisce nel suo insieme la Torà, la Legge. Il Codice dell’Alleanza per i nostri fratelli Ebrei. Il Deuteronomio ebbe un lungo processo di formazione durato circa duecento anni, la stesura definitiva fu raggiunta verso la fine dell’esilio babilonese. Il redattore finale, in uno sguardo retrospettivo alla storia di Israele, riflette sulla tragedia dell’esilio per rendersi conto delle sue possibili cause ed individua come causa fondamentale l’infedeltà di Israele all’Alleanza del Sinai. Se vuole salvarsi ad Israele resta aperta una sola strada: convertirsi nell’esilio, implorare il perdono del Signore ed attendere il suo aiuto. Il Pentateuco è il racconto biblico che parte dalla creazione del mondo, attraverso la vocazione di Abramo abbandona l’orizzonte universale e inizia la storia di Israele, popolo eletto. Inizia come storia di una famiglia, Abramo e la sua discendenza, per diventare con Giuseppe la storia di un popolo spostando la scena in Egitto. Con Mosè Dio libera gli Israeliani dalla schiavitù egiziana, li conduce al Sinai dove conclude con essi la sua Alleanza. Israele, dopo aver vagato nel deserto per quarant’anni, sempre guidato da Mosè, è prossimo ad attraversare il fiume Giordano e prendere possesso della terra di Canaan che il Signore gli ha promesso. Mosè però, per volontà di Dio, non passerà il Giordano, morirà prima, contemplando la terra promessa dal monte Nebo, su cui morirà. A questo punto della storia si inserisce il libro del Deuteronomio. Ai confini della terra promessa Mosè si accommiata dal popolo affidandogli il suo testamento. Per l’ultima volta raduna il popolo di Dio che ha guidato per quarant’anni nella sua liberazione dall’Egitto e nella peregrinazione nel deserto, per istruirlo sulla vita che dovrà condurre al di là del fiume. Ricorda l’Alleanza ponendo l’accento non su uno o l’altro dei comandamenti, ma sull’appello all’amore di Dio. Il contenuto del libro è articolato in quattro discorsi. Nel primo di essi Mosè dà uno sguardo retrospettivo alla peregrinazione nel deserto ed esorta il popolo a mantenersi fedele all’Alleanza col Signore che lo ha condotto alla Terra Promessa. Guardando al futuro, accenna alla possibilità di un esilio quale punizione alla rottura del patto di alleanza. Nel secondo discorso egli espone ancora una volta tutta la Legge e il patto concluso al Sinai. In esso sono comprese le istruzioni per le cerimonie d’obbligo alla presa di possesso della terra promessa con l’erezione di un altare a Sichem e con grandi riti di maledizione e benedizione per quanti trasgrediranno o obbediranno alla Legge del Signore. Un terzo discorso designa Giosuè come successore di Mosè. Mosè rimane l’unico mediatore della Legge per ogni generazione di Israele; il suo ufficio di pronunciare discorsi sulla Legge e guidare il popolo è trasmesso a Giosuè e quelli che gli succederanno. Essi svolgeranno il compito “in persona di Mosè”. La sezione è conclusa dal Cantico di Mosè. Nel quarto discorso Mosè dà l’addio e benedice le singole tribù. Dopo l’ultimo commiato egli sale sul monte per morirvi. E’ la conclusione grandiosa e solenne del Deuteronomio e del Pentateuco. Lo stile è fastoso, non solo narrativo ma soprattutto discorsivo, nasce dal culto e lo spiega per coinvolgere e interpellare tutto il popolo, mentre interpella anche ciascuno di noi, invitando ed esortando ad impostare un rapporto personale con Dio. Risuona pressante l’invito solenne: “Ascolta Israele, il Signore è il nostro Dio, il Signore è Uno. Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e le tue forze. Amerai il tuo prossimo come te stesso.” L’invito è rivolto al popolo e a ciascun credente: Ami soltanto Dio e a Lui rimanga fedele di fronte alle tentazioni delle nazioni con le quali verrà a contatto nella terra in cui abiterà. In essa viva del comandamento divino come ha vissuto della manna nel deserto. Ricordi Israele che non è la sua giustizia o il suo merito ma la Grazia del Signore che gli dona la terra in cui abiterà. Il Signore Dio che governa la storia governa anche la fertilità della terra e darà i suoi beni al suo popolo santo, chiamato però ad essergli fedele. L’Alleanza è la via della vita, ieri, oggi e sempre. Per Israele la Torà, la Legge, l’Alleanza è il luogo dell’incontro con Dio. La Chiesa, nuovo Israele, crede che la persona di Gesù Cristo, Verbo eterno di Dio, sia ora il luogo dell’incontro con Dio e la manifestazione del suo amore. Sentiamo intimamente il compito assegnato dalla parola che ascolteremo; “ Queste parole siano fisse nel tuo cuore. Ne parlerai in casa e per la strada. Quando ti corichi. Quando ti alzi. Ogni giorno le ripeterai.” Prendiamo sul serio questo invito e trasmettiamolo alle nuove generazioni, insegniamo loro ad amare il Signore della vita.
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Il Canto di Mosè
Deuteronomio 32,1-43
I primi cinque libri della Bibbia sono attribuiti dalla tradizione a Mosè, considerato l'autore del Pentateuco non in senso propriamente letterale ma per la sua autorevolezza. Il Deuteronomio, ultimo dei cinque libri, si conclude con il canto di Mosè. È questo il il secondo dei canti di Mosè, il primo nel libro dell'Esodo fu elevato al Signore dopo il miracoloso passaggio del mar Rosso e la sconfitta degli Egiziani, ora il secondo canto conclude solennemente tutto il Pentateuco.
È un canto di lode, di ringraziamento, di narrazione e memoria delle opere meravigliose di Dio nei confronti del suo popolo, di precetti morali e di esortazioni. Nel suo insieme rappresenta la sintesi perfetta di tutta l'opera nei suoi generi letterari e nei suoi contenuti di fede.
Si apre con l'invito a tutto il creato perché accolga la testimonianza della fede e sia da essa vivificato; segue la narrazione delle opere del Signore che ne esalta la perfezione, la giustizia e la fedeltà. Non vi è ambiguità in Lui, per ogni generazione Egli agisce come Creatore, Padre e Protettore.
Creatore di tutti i popoli, ad ognuno ha assegnato un luogo in cui vivere. Fra tutti Israele fu scelto da Dio, a Lui consacrato, da Lui custodito con cura e tenerezza, non per suo particolare merito ma per l'elezione gratuita di Dio. Dopo averlo scelto, lo liberò dalla schiavitù guidandolo verso la Terra Promessa, nutrendolo con cibo prelibato e con i prodotti della terra, che sono doni di Dio, e stabilì con esso un'Alleanza.
Ma Israele si comportò da figlio ingrato, rinnego' il suo Dio rivolgendosi ad idoli vani, a dei stranieri e sconosciuti. Ricordando che la storia di Israele è paradigma della storia di ogni popolo e di ogni uomo, comprendiamo come questo sia il dramma di tutta l'umanità, in esso si inserisce il giudizio di Dio come reazione all'ingratitudine e al peccato. "Io nascondero' loro il mio volto; vedrò quale sarà la loro fine." (32,20). Ci accorgiamo allora che non possiamo far nulla senza di Lui. Se Dio ci abbandona siamo votati al fallimento della vita!
A causa dell'apostasia di Israele Dio sposta la sua benevolenza ai popoli pagani, ma il nemico non osi insuperbirsi, non pensi di poter prevaricare sul popolo eletto. Il merito del suo successo è solo del Signore che vuole far toccare con mano ai suoi figli le conseguenze del loro peccato. Quando Israele sarà ridotto al lumicino si accorgerà della propria stoltezza nell'aver confidato in idoli vani che non possono soccorrere, imparerà la saggezza sulla propria pelle.
Dio mostrerà allora la forza del suo intervento, mostrerà di essere l'UNICO DIO, con la pienezza dei suoi poteri. Egli è IL DIO che ama, che crea,che elegge, che elargisce i suoi doni, che castiga, che perdona...Questo è il modo in cui Dio agisce: "Ora vedete che io lo sono e nessun altro è Dio accanto a me. Sono io che do la morte e faccio vivere; io percuoto, io guarisco e nessuno può liberare dalla mia mano." (32,39)
L'azione di Dio manifesta la pienezza della sua giustizia che è misericordia, perdono e fedeltà alle sue promesse. Il Signore farà giustizia per il suo popolo contro tutti i suoi avversari.
Le ultime solenni parole di Mosè sono rivolte a tutto il popolo di Dio, l'antico e il nuovo Israele, a tutti i credenti di ogni generazione:"Ponete nella vostra mente tutte le parole che vi ho testimoniato. Le prescrivere ai vostri figli perché eseguo tutte le parole di questa legga. Essa infatti non è una parola senza valore per voi; anzi è la vostra vita! Per questa parola passerete lunghi giorni nel paese in cui state per entrare... attraversando il Giordano" (32,46-47)
Noi tutti siamo nella condizione di chi sta per entrare nella terra promessa che Dio ci ha dato, terra dove scorre latte e miele. La nostra terra è la VITA grande promessa di Dio. Se ci entriamo con la Legge che Dio ci ha dato, vivremo felici in salute, redenzione e sicurezza di vita che Egli ci dona nel suo Figlio Gesù.
Uomini Nuovi nel Signore.
Dt. 30,1-20
Ci avviamo alla conclusione non solo del libro del Deuteronomio, ma di tutto il Pentateuco che nel suo insieme rappresenta la Legge, la Tora'. Tutti i temi vengono ripresi, sintetizzati aprendo nuove prospettive di applicazione fino al solenne canto di lode al Signore che concluderà il prossimo incontro.
Questo capitolo può essere suddiviso in tre brevi sezioni.
La prima sezione, vv 1-10, riprende temi già conosciuti rendendo più esplicito il legame inscindibile tra il ricordo dei benefici del Signore, l'impegno ad ascoltare e mettere in pratica i suoi comandi e le benedizioni di Dio e la sua fedeltà alle promesse.
Se non ci sarà un coinvolgimento totale di vita ed una vera conversione, Israele dovrà subire il castigo di essere disperso tra i popoli pagani, ma questo a sua volta diventerà occasione e opportunità di testimonianza; perché Dio rimane fedele anche quando ci mette alla prova.
Se il segno dell'Alleanza con Abramo è la circoncisione, ora Dio vuole la circoncisione del cuore, cioè la conversione sincera a Lui che è pronto a perdonarci. Riconciliamoci dunque col Signore Dio nostro!
La seconda sezione, vv11-14, sottolinea che tutta la Legge di Dio che ci viene consegnata nel Pentateuco, è praticabile. Essa non è un ideale appeso al cielo, quindi irraggiungibile, non è troppo alta né troppo lontana (al di là del mare invalicabile), è una Parola molto vicina, è nelle mie labbra perché io possa pronunciarla, è nel mio cuore (sede dell'intelligenza e della volontà ) perché io possa conoscerla e metterla in pratica.
San Paolo nella lettera ai Romani riprende queste parole del Deuteronomio mostrando la loro perenne attualità e la consonanza tra l'Antico e il Nuovo Testamento: " Questa è la parola della fede che noi predichiamo...se con la tua bocca proferirai che Gesù Cristo è il Signore e con il tuo cuore crederai in Lui allora sarai salvo..." ci mostra anche come sia uguale la struttura di fondo dell'Ebraismo e del Cristianesimo.
Terza sezione vv11-20
Ai credenti è suggerito di mettersi nella stessa situazione di Israele in procinto di entrare nella Terra Promessa mentre riceve le,raccomandazioni per essere felici camminando nelle vie del Signore. Il "ma" che introduce il v 17 è la variabile introdotta dall'intervento della nostra libertà e ne esprime tutto il dramma. La nostra libertà ci porta a scegliere inevitabilmente tra la vita e la morte. Purtroppo vediamo ogni giorno quanto gli uomini amino scegliere la morte e i suoi orrori. Lo stiamo drammaticamente vivendo!
Dio invece è Vita, è la nostra vita lunga e felice, anzi è VITA ETERNA!
Benedizioni e Guai
Dt. 28,1-14; 27,1-26.
Procedendo nella lettura del libro del Deuteronomio rileviamo che i suoi brani ritornano spesso nella liturgia domenicale. Le pagine che oggi affrontiamo sono di bilancio e sintesi, la Parola del Signore ha mostrato le due vie, quella della felicità e quella della perdizione, la scelta sta a noi, interpella direttamente la nostra libertà.
Il "se" che introduce il capitolo 28 è di importanza decisiva, è la condizione sine qua non dell'Alleanza, suggella l'impegno reciproco tra Dio e l'uomo, non un contratto freddo e formale ma una corresponsione di intenti, l'ascolto da parte dell'uomo della voce amica di Dio che educa, guida, esorta, comanda.
La libertà dell'uomo si esplica nel mettere in pratica tutti gli insegnamenti del Signore, non solo quelli più graditi, ma TUTTI, anche quelli che vorremmo mettere in discussione. Non si può scegliere! All'ascolto e all'obbedienza è legata la benedizione, una promessa certa di felicità, prosperità, fecondità, abbondanza e pace. È lo Shalom, la pace totale che viene solo da Dio, non solo assenza di guerra, ma è la somma di ogni benedizione e felicità che Egli ci dona.
Il capitolo 27 per contro, presenta i guai in cui incorre l'uomo se non ascolta la voce di Dio. Stiamo bene attenti, la benedizione viene sempre da Dio da cui proviene ogni cosa buona e noi ringraziamo, lodiamo e benediciamo Dio per i suoi doni. Mentre nella benedizione agisce Dio, nei guai agisce solo l'uomo. Essi non vengono da Dio; da Dio possono venire le prove che saggiano la nostra libertà.
I guai sono un'autopunizione, il male cade addosso a chi lo compie coinvolgendo purtroppo anche altri su cui ricadono i guai causati dall'empieta'. I vv 15-26 del capitolo 27 presentano il decalogo al negativo e mostrano come i guai ed ogni male della vita vengono proprio dalla disobbedienza alla voce di Dio.
Guai dunque per idolatria, guai per chi non onora i genitori, per chi deruba il prossimo o approfitta delle sue debolezze e fragilità, guai per chi uccide e per i corrotti, guai per chi non ascolta e non mette in pratica la Legge del Signore.
Se vogliamo la felicità osserviamo i Comandamenti, i guai ci cadono addosso quando i comandi del Signore vengono disattesi.
Professione di Fede-Culto-Opere
Dt. 26,1-19
Pian piano, con pazienza ed apertura di cuore, familiarizziamo con la Parola del Signore; l'ascolto e la meditazione ci aiutano a rimasticarla e gustarla perché diventi pane che alimenta la nostra vita. Il libro procede, come tutti i testi biblici non in modo lineare ma circolare riprendendo temi già accennati per approfondirli data la loro importanza.
Il brano proposto di questo capitolo costituisce una sintesi solenne di ciò che è richiesto ad ogni fedele israelita e ad ogni credente. L'accento è posto sulle parole "entrare"e "oggi" è un entrare nuovo che si realizza per ogni credente, non solo per quelli della prima ora ma per ogni generazione che legge e ascolta la Parola di Dio. Si riferisce non a un fatto di cronaca relegato nel passato, ma indicano invece un atto di fede cui seguono le parole della professione di fede.
La professione di fede celebra la storia delle azioni di Dio nei confronti dell'umanità che Egli ama. È ciò che facciamo quando recitiamo il Credo. In questa storia il credente si riconosce scelto e guidato da Dio per far parte di un grande popolo, inserito quindi in una storia di salvezza e liberazione. Siamo stati liberati dal braccio forte e potente di Dio, per questo siamo liberi!
Ci scopriamo condotti in una terra in cui scorrono latte e miele, i prodotti più belli che il creato può dare nel mondo animale e vegetale. La professione di fede si trasforma nel tu della preghiera confidente nel Signore, mi coinvolge completamente in una storia che è il mio passato, è il mio presente e l'orizzonte della mia vita futura. È una storia aperta che non può prescindere dal riconoscimento dei doni di Dio, questo genera gratitudine e conduce all'obbedienza della fede.
È questa la sostanza della storia dell'Alleanza mosaica ma anche della Nuova Alleanza nel Signore Gesù Cristo che interpella la nostra vita mentre aspettiamo il suo ritorno glorioso alla fine dei tempi. Il salmo 94, invitatorio, ispira e richiama l'orante alla professione di fede personale e comunitaria nella liturgia.
La professione di fede, il culto e la morale sono intimamente unite e vincolano il fedele a mettere in pratica gli insegnamenti di Dio, a lasciarsi coinvolgere personalmente e completamente. Dio parla, comanda, esorta, insegna.. l'uomo ascolta, obbedisce e quindi mette in pratica. L'impegno personale è necessario per corrispondere all'amore di Dio condividendo col prossimo i doni ricevuti. La concretezza della fede ci mostra come l'amore di Dio è inseparabile da quello per i fratelli.
"Gioirai con il levità e il forestiero che sarà in mezzo a te, di tutto il bene che il Signore tuo Dio avrà dato a te e alla tua famiglia...Quando avrai dato tutte le decime al levita, al forestiero, all'orfano e alla vedova, perché ne mangino e ne siano sazi...allora dirai...ho obbedito alla voce del Signore mio Dio... (26,10.12.14)
"Egli sarà Dio per te, ma solo se tu camminerai per le sue vie e osserverai le sue leggi, i suoi comandi, le sue norme e ascolterai la sua voce" (18)
L'amore di Dio non è un automatismo che procede senza l'impegno personale, ma richiede il coinvolgimento personale come atto esplicito e consapevole della nostra libertà!
Modelli di Giustizia e di Sensibilità Sociale
Dt. 23,16-21; 24,10-22; 25,13-16
Il libro del Deuteronomio raccoglie in sé antiche tradizioni illuminandole con gli orientamenti dati dalla Parola di Dio. Non a caso gli studiosi lo considerano un libro di carattere umanistico per la valenza sociale ed etica che esplicita gli orientamenti della fede. La Chiesa, mossa dalle sue istanze, che sono poi quelle del Vangelo, ha dato vita ad innumerevoli istituzioni e fondazioni umanitarie ad esse ispirate.
I capitoli in questione riguardano i diritti umani dei più indifesi, i poveri, gli orfani, le vedove, gli stranieri, tutti coloro che sono privi di tutela, per essi è previsto il diritto di asilo ed un trattamento equo rispettoso della dignità umana.
La proibizione della prostituzione, anche se legata al culto allora diffuso tra i pagani, è motivata da due profonde esigenze etiche: non sia profanato il rapporto uomo-donna nel vincolo matrimoniale e non sia profanata la persona nella sua identità e dignità.
Il credente non presta ad usura al connazionale bisognoso per non aggravare la sua povertà, ma lo aiuta senza tornaconto personale. Adempie fedelmente il voto fatto liberamente al Signore perché la parola espressa ha un valore e va rispettata fino in fondo. Chi si trova in un campo o in una vigna altrui può sfamarsi a volontà dei suoi frutti, ma non riempirsi le bisaccia o fare scorte. D'altra parte il padrone del campo o della vigna e dell'uliveto non raccolga proprio tutto ma lasci qualcosa per il passaggio successivo di chi ha bisogno perché i doni del Signore sono per tutti.
La delicatezza che permea la Legge del Signore si esplica in molti aspetti e situazioni della vita, dal novello sposo che per un anno è esentato dal partecipare alla guerra per cementare le nascente unione matrimoniale, al divieto severo di rapimento, commercio e sfruttamento dell'essere umano, cosa abominevole agli occhi di Dio. Rispetto e delicatezza sono raccomandati anche nel riscuotere un prestito o nel ricevere un pegno dal povero, se si tratta del mantello è doveroso restituirglielo prima del tramonto, perché è la sua coperta.
Al lavoratore, sia connazionale che straniero, sia garantito un giusto salario, siano tutelati i diritti di ciascuno e non siano oppressi coloro che sono privi di tutele:stranieri, orfani e vedove. Anche nei profeti e nel Vangelo ricorrono continuamente gli orfani e le vedove, affermando l'obbligo morale di non ledere i loro diritti; ciò mostra quanto siano radicate e prioritarie queste istanze del Deuteronomio.
Esse ci invitano ad usare per tutti lo stesso peso e misura, a non commettere ingiustizie perché chi è ingiusto col prossimo è in abominio a Dio, e questa è la peggior cosa che possa capitare all'uomo! Al contrario chi è benevolo e giusto verso di esso sarà benedetto dal Signore e avrà vita lunga e prospera.
Se questi modelli di giustizia e di sensibilità sociale fossero adottati da tutti gli uomini e da tutti i popoli la vita sarebbe più felice per tutti...ognuno si impegni e faccia la sua parte!
Governare alla Presenza del Signore
Elena ha preparato questa sintesi dell'ultimo incontro di catechesi, rimastichiamo con essa la profondità della Parola di Dio
Levitico 25,8-55
“Io sono il Signore vostro Dio…..”: con questa premessa di sottofondo, perché il popolo viva nel suo Signore e non dimentichi, Dio detta la sua legge, le norme di vita sociale e comunitaria.
Questo brano detta norme per il Giubileo: al suono del corno (‘diobel’, termine da cui deriva la parola giubileo) inizia l’anno della liberazione. Il cinquantesimo anno sarà dichiarato santo e sarà un anno di grazia e di liberazione per tutti gli abitanti di Israele. Spesso i piccoli coltivatori erano costretti , per povertà, carestie o altro, a vendere le loro terre, a indebitarsi e a volta anche a vendersi come schiavi. Nell’anno del giubileo ognuno può riscattarsi, tornare alla sua terra e alla sua famiglia, perché senza la terra non si è nessuno, si perde la dignità. Ma la terra è sempre di Dio: quindi il popolo possiede, scambia, possiede i frutti della terra, la somma dei raccolti.
D’altra parte colui che possiede di più e vede il fratello in miseria lo deve sostenere, perché possa avere vita; se è suo schiavo lo deve trattare come ospite o bracciante, con giustizia, ricordando che tutti sono servi dell’unico Signore.
Il giubileo rappresenta quindi per il popolo un nuovo inizio, un modo per rimettere tutto nelle mani di Dio e riiniziare con relazioni giuste e umane tra fratelli.
Deuteronomio 17,14-20
Il popolo di Israele vuole avere un re, come i popoli che gli stanno intorno. Ma nessun altro popolo ha un Dio che l’ha condotto fuori dall’Egitto, che lo cura e lo custodisce. Tuttavia il Signore permette che si elegga un re e ne detta le caratteristiche.
Prima di tutto deve essere scelto dal Signore, deve appartenere al popolo: non è un dio ed è anche lui servo del Signore.
Poi dovrà vivere sobriamente (poche mogli, poco oro e argento, pochi schiavi…) perché il suo cuore non si smarrisca dietro cose vane.
Avrà sempre con sé la Legge di Dio che diventerà la sua compagna. Solo così imparerà a temere il Signore, non diventerà superbo il suo cuore, vivrà a lungo e prolungherà il suo regno.
Bisogna Decidersi.
Dt. 10,12-22; 11,26-28; 15,1-18.
Scopriamo delle pagine stupende delle Scritture che sono poco conosciute ma raccolgono nel loro interno il senso stesso della Legge e dei Comandamenti del Signore. Non a caso il libro del Deuteronomio è ritenuto il più importante del Pentateuco. Esso racchiude in sé tutta la Legge, i comandi, le esortazioni e gli inviti che Dio rivolge al suo Popolo prediletto.
Forte e costante è il richiamo al primo comandamento concentrato nell'espressione" Temi Dio", timore che si esprime nell'obbedienza lieta e sincera ai Comandamenti in una vita spesa al servizio del Signore Dio. Egli ama fedelmente coloro che si è scelti senza alcuna cesura tra le prime generazioni e le successive nell'A.T. Allo stesso modo il Vangelo non si ferma, continua con gli Atti degli Apostoli e nella vita cristiana e nella missione delle generazioni successive fino a noi e a chi verrà dopo di noi.
L'Oggi di Dio può durare secoli o passare da un secolo all'altro, la sua Grazia è sempre in azione e i suoi Sacramenti avvengono sempre nell'oggi di ciascuno di noi perché sono azioni e parole efficaci che compiono ciò che esprimono nel momento in cui si celebrano.
Il timore del Signore si esprime in primis con la benevolenza verso il prossimo : come Dio usa benevolenza a ciascuno , con assoluta parzialità verso i più bisognosi, simboleggiati dalle vedove e dagli orfani che, al tempo, erano senza tutele, così il credente è chiamato a fare con i fratelli, poi viene il culto che sarà tanto più gradito al Signore quanto più coerente col comportamento di vita.
Il capitolo 15 espone la legge sulla remissione dei debiti: nell'anno sabbatico i debiti devono essere condonati. Alla base di questa legge c'è la consapevolezza di essere stati salvati dalla schiavitù; per questo l'ebreo, salvato e liberato da Dio, non può essere schiavo o rimanere tale. Se, a causa dei debiti fosse reso schiavo, al settimo anno dovrà essere liberato. Non solo, gli saranno elargiti dei doni, prodotti della terra e quant'altro. Ciò che si possiede infatti viene da Dio e per questo deve essere equamente distribuito ai suoi figli perché a nessuno manchi il necessario sostentamento. Per il diritto ebraico nulla impedisce che uno,sia più ricco di un altro ma ci sono dei limiti. Diversamente nel diritto romano la proprietà privata è un diritto intoccabile e illimitato.
Chi teme Dio ha un atteggiamento generoso e benevolo verso il prossimo, cerca di comprendere e venire incontro alle sue necessità. "Del resto non vi sarà in mezzo a voi alcun bisognoso perché il Signore certo vi benedira'...Se vi sarà in mezzo a te qualche fratello bisognoso...non indurirai il tuo cuore e non chiuderài la tua mano..." (15,4.7)
Dio ci indica l'ideale da perseguire e ci chiama ad essere generosi di opere buone, pronti a perdonare come il Padre perdona a noi, accoglienti e non calcolatori, a guardare non alla lettera ma alla sostanza della Legge, a donare con gioia per vivere felici nella Sua benedizione.
Non Dimenticare per non Peccare.
Dt.8-9
I Comandamenti sono parole di vita, ci indicano la via della felicità, ci fanno godere dei doni che il Signore, nella fedeltà al suo amore per noi, ci elargisce in continuazione. Il ricordo di tutti i suoi benefici passati serve a sostenere il nostro impegno attuale, non solo, ma ci inserisce a pieno titolo in quella storia di salvezza nella quale Dio sceglie il suo popolo, lo libera dalla schiavitù, fa con esso un'Alleanza, lo conduce attraverso il deserto fino alle terra promessa per la salvezza di tutti gli uomini. L'itinerario del deserto è di ogni fedele ebreo di qualsiasi tempo, nell'oggi eterno di Dio, e di ogni credente.
In questa storia di salvezza in cui siamo inseriti, la nostra fede viene messa alla prova per renderci umili, affinché riconosciamo che ogni dono ci viene da Dio. Egli ci nutre ed ha cura di noi ma ci fa presente che non abbiamo solo bisogni materiali, la nostra vita spirituale si alimenta della Parola di Dio. Non meravigliamoci se siamo messi alla prova, Dio ci corregge come fa ogni buon padre con i suoi figli. "L'uomo non vive solo di pane, ma l'uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore." (8,3)
Gesù ripeterà le stesse parole quando sarà tentato nel deserto. Spesso nella Bibbia sentiamo riecheggiare espressioni presenti nei diversi testi e nei salmi, ciò avviene quando la Parola del Signore è conosciuta, ripetutamente meditata e memorizzata fino a divenire vita ed espressione comunicativa dei fedeli; chi medita la Parola di Dio arriva ad esprimersi con parole e concetti che la richiamano.
Anche noi siamo nella condizione degli Israeliti che stanno per entrare nella terra promessa dove tutti avranno cibo e ne avranno in abbondanza, come nella distribuzione dei pani e dei pesci. "Quando avrai mangiato e ti sarai saziato, quando avrai costruito belle case e vi avrai abitato, quando avrai visto il tuo bestiame grosso e minuto moltiplicarsi, accrescere il tuo argento e il tuo oro e abbondare in ogni tua cosa, il tuo cuore non si inorgoglisca in modo da dimenticare il tuo Dio..." (8,12-13)
La dimenticanza di cui parla il nostro testo non è mancanza di memoria, ma disprezzo dei comandi del Signore e disobbedienza, è il peccato infine da cui ci mette in guardia il nostro autore.
Quando godiamo delle ricchezze dei doni della terra e del lavoro prospero ricordiamo che sono doni di Dio, Egli è fedele alla sua Alleanza e questa raggiunge in Gesù il suo Amen, il suo compimento.
San Paolo nel primo capitolo della lettera ai Romani descrive in modo esteso le posizioni dell'uomo il cui cuore è pieno di orgoglio e superbia, l'uomo che arraffa tutto, su tutto allunga le mani e si prende il merito di tutto. È questo il peccato di Israele quando dimentica la Parola del Signore, del cristiano che non osserva i Comandamenti, di ogni uomo che disconosce Dio.
Nel Cap. 9, con termini militari che abbiamo già contestualizzato, viene assicurata la protezione di Dio al suo popolo nella conquista della terra promessa. Il Signore garantisce la sua grazia ma attenti a non ritenere di esserne meritevoli. È la bontà e la misericordia del Signore che ci dona in abbondanza e non certo i nostri meriti e la nostra giustizia perché noi siamo gente di "dura cervice" ma ciò nonostante Dio rimane fedele al suo progetto di salvezza.
Non provochiamo la sua ira con la nostra disobbedienza e con la nostra presunzione. Se a qualcosa dobbiamo appellarci per avere il suo perdono è l'amore fedele che il Signore ha sempre manifestato ai suoi figli. Confidiamo quindi non nei nostri meriti inesistenti ma nella infinita misericordia di Dio nostro Padre.
Vivere nei Comandamenti del Signore.
Deuteronomio 6,4-25.
Il testo del Deuteronomio è ampiamente sicuro dal punto di vista dello studio critico, la meditazione permette di penetrarvi sempre più profondamente. Ci accorgiamo allora che la ripetizione dei concetti non è semplice ripetizione ma arricchimento che Dio ci dona attraverso una sempre maggiore comprensione. Per questo il testo antico non viene cancellato ma, contestualizzato, è rivitalizzato dall'intervento della Rivelazione di Dio nel presente di quanti lo ascoltano.
È proprio l'ascolto l'impegno,essenziale a cui è chiamato il credente. Si tratta di un ascolto che si fa vita passando attraverso il prendersi cura, l'avere a cuore, il fare memoria viva dei Comandi del Signore per obbedire ad essi e in essi vivere alla Sua presenza.
"Ascolta Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze." (6,4-6) La chiamata ad amare il Signore con tutta la volontà, la decisione e l'impegno (cuore e mente) è la forza, il senso, l'intenzione profonda della Legge. La Sapienza di Dio accompagna continuamente ogni azione del credente che medita la Sua Legge: "Questi precetti che oggi ti do ti stiano fissi nel cuore. Li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando ti troverai in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai." (6,7) I vv 6,4-7 formano il credo che ogni pio ebreo recita al mattino a costante memoria dell'appartenenza a Dio.
Quando Dio ci avrà mostrato la sua fedeltà colmandoci dei suoi doni, la terra promessa per gli Israeliti, attenti a non insuperbirci, guardiamoci dal dimenticare che essi sono doni del Sìgnore non nostre proprietà o nostro diritto come a volte pensano quei figli ingrati che ritengono tutto dovuto. Il ricordo della schiavitù da cui siamo stati liberati (la schiavitù dall'Egitto per Israele, la schiavitù dal peccato per il cristiano), ci renda consapevoli che solo il Signore è padrone della nostra vita, non ne riconosciamo altri!
Il fedele, riguardo alle cose di Dio, è sempre nella condizione di chi sta per ricevere, non dia quindi nulla per scontato: viviamo nella prospettiva della felicità che la fedeltà di Dio ci dona così come ci dona la vita. Possiamo vedere nel presente il compimento delle opere di Dio se restiamo fedeli a Lui come Egli è fedele al suo amore per noi. La felicità è vivere da giusti al cospetto di Dio che ci ama.
Auspichiamo di cuore che ogni genitore, nella quotidianità di una vita giusta, possa essere per i propri figli il primo testimone della fede e dell'obbedienza al Signore. Per questo preghiamo.
Il Decalogo
Dt. 4,44-6,3
Deuteronomio significa letteralmente seconda legge, possiamo definire questo libro la seconda copia della legge di Dio e nei nostri incontri ne meditiamo alcune parti scelte.
Il quinto capitolo inizia con la convocazione del popolo chiamato a radunarsi dal Signore che gli parla. La Chiesa, Ecclesia, si raduna infatti per le celebrazioni perché convocata dal Signore per ascoltare Dio che parla e manifestare la sua adesione di fede.
Mosè invita il popolo convocato ad imparare e custodire nel proprio cuore tutte le parole del Signore e a metterle in pratica. È l'aspetto attivo dell'ascolto, la custodia del credente, il contrario della dimenticanza.
L'Alleanza che Dio ha stabilito col suo Popolo non è relegata in un passato ormai irraggiungibile ma si attua oggi con noi nella perenne attualità della Parola efficace di Dio: la Legge di Vita racchiusa nel Decalogo che è alla base dell'Alleanza.
La prima di queste parole è l'autopresentazione di Dio e il motivo stesso per cui può autorevolmente chiedere di essere ascoltato ed ubbidito. Chi ascolta la voce del Signore non può rivolgersi agli idoli che non parlano e non salvano. Dio è geloso dei suoi perché li ama con passione e anche nel castigo mostra la sovrabbondanza della sua benevolenza: "Io sono un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza generazione per coloro che mi odiano, ma che dimostra la sua bontà fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti. "(5,9-10)
L'ascolto e l'obbedienza sono espressione dell'amore verso Dio che è il primo modo di corrispondere all'Amore che per primo Egli ha riversato su di noi. L'amore per Dio pretende che il Suo Santo Nome non venga usato in modo quasi magico per raggiungere i propri scopi come fosse un portafortuna o una scaramanzia; richiede anche che il giorno del Signore, per gli ebrei il sabato, per noi cristiani la domenica, giorno della Risurrezione di Cristo, sia separato dagli altri giorni della settimana, sia dedicato al riposo e non alla frenesia di guadagno e di possesso ma serva piuttosto a fare memoria di quanto il Creatore fa per ciascuno.
Ricordando la salvezza e la misericordia di cui siamo fatti oggetto, siamo chiamati ad essere giusti e rispettosi dei più deboli perché tutti hanno diritto al giusto riposo in questo giorno. Impossibile non sottolineare l'evidenza che l'amore per il Signore è inscindibile dall'amore e la delicatezza verso il prossimo. I primi intermediari tra Dio e il prossimo sono i genitori. Ad essi, investiti del compito di generare nella carne i figli di Dio e di educarli nel suo timore, è dedicato il quarto comandamento. "Onora il padre e la madre" è l'unico comandamento al quale si accompagna una benedizione e una promessa di vita e felicità.
Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare sono al negativo i comportamenti e gli atteggiamenti di chi ama il prossimo come sé stesso e ne rispetta la dignità e i diritti. La menzogna, l'invidia, il desiderio smodato danneggiano sia il prossimo che noi stessi perché la bramosia arriva a dominare e schiavizzare le persone facendo loro commettere ogni genere di infamia pur di ottenere ciò che si brama.
Dio disse queste parole al suo popolo in mezzo al fuoco, alla nube e all'oscurità (sono gli elementi biblicamente legati alla presenza di Dio che si rivela). Esse furono scritte su tavole di pietra perché non potessero essere cancellate.
La meraviglia e gratitudine per Dio che ci parla, ci dona la vita e ci insegna a vivere possa riempire il nostro cuore, il Signore dice anche di noi come degli Israeliti: "Oh, avessero sempre un tal cuore da temere e osservare i miei comandi per essere felici loro e i loro figli per sempre" (5,29).
Vita, discendenza e felicità per il popolo che si accinge ad entrare nella Terra Promessa se ascolterà, custodira' e obbedira' alla Parola del Signore. Felici e beati noi se ascoltiamo la Parola di Dio e viviamo in essa.
Ricorda...
Dt. 4,23-40
Il discorso di Mosè continua esattamente dal punto in cui si è interrotto nell'incontro precedente con l'invito pressante a non dimenticare l'Alleanza che il Signore ha stabilito col suo popolo a rimanere consapevoli dell'unicità di Dio e del loro rapporto speciale con Lui. Lo tengano sempre presente nel cuore, sia il motore propulsore della loro vita perché Dio non è impassibile o indifferente ma è un Dio geloso che ci ama con passione e prende a cuore tutto ciò che ci riguarda, anche le trasgressioni.
La dimenticanza è corruzione, è idolatria... Se Israele si corrompera' il Signore gli toglierà la terra che gli ha donato, li disperdera' in esilio fra popoli pagani e saranno costretti ad adorare degli idoli vani e falsi. A questo li condurrà la loro libertà malata. Ma nell'esilio, se decideranno di tornare al loro Dio lo troveranno sempre pronto ad accoglierli e ad aiutarli perché Egli è misericordioso e fedele.
La rivelazione di Dio si inserisce nella storia umana affidando a Israele una missione per la salvezza universale. Dio parla al popolo e il popolo vive, la sua Parola fa vivere, non uccide, non soffoca ma è vita e libertà. Egli è il Dio vivo, l'Unico e si prende cura dei suoi, li guida li aiuta, li sostiene nella vita e nell'oggi di ciascuno. Li accompagna, li educa per farli crescere, perché sa che abbiamo bisogno di essere aiutati crescere a piccoli passi.
La sua salvezza in atto con i padri, continua con le nuove generazioni in una costante, amorevole pedagogia nell'oggi di ciascun uomo e donna. Meditiamo queste realtà misteriose e meravigliose nel nostro cuore, non sono nozioni storiche ma spessore di vita che coinvolgono memoria, affetto, intelligenza e volontà, per essere felici perché sono i comandi del Signore a renderci liberi e lieti e non la disobbedienza e la trasgressione.
Nel mistero di Cristo l'intera umanità entra nel progetto di salvezza di Dio, del quale Israele è lo strumento, per questo motivo dobbiamo relativizzare le espressioni nazionalistiche e belliche riferite alla storia del popolo eletto, siano esse paradigma della nostra relazione con Dio.
Nel testo ricorrono spesso le parole "Ricorda" e "Non dimenticare", nella Bibbia queste esse non indicano un fatto mnemonico di erudizione storica, come se l'azione di Dio fosse relegata nel passato, ma è tradizione viva da perpetuare, contesto vitale. Gesù si inserisce nella memoria vitale di Israele e ci comanda: "Fate questo in memoria di me", al presente perché è Parola che si compie nell'oggi.
Da questa memoria di Gesù nasce il Nuovo Testamento e ne scaturisce la tradizione della Chiesa. Questa tradizione vive nella Comunità dei discepoli e si arricchisce con la memoria di tanti Cristiani di ogni generazione. Lo Spirito Santo tiene sempre viva nella Chiesa questa memoria.
La Chiesa, per rendere comprensibile questa realtà misteriosa e meravigliosa, ha coniato il termine "Memoriale" ad indicare non un fatto storico relegato nel suo tempo, ma una parola efficace che esprime l'eterno presente dell'azione di Dio. Il memoriale non si colloca nel Kronos (tempo fisico) ma nel Kairos (tempo della salvezza) cioè il tempo opportuno per la conversione, l'oggi di Dio.
Dio agisce per noi OGGI, la sua Parola, i Sacramenti, il Sacrificio Eucaristico sono OGGI PER NOI.
Ascolta...
Dt. 1,1-8;4,1-20.
Il quinto libro del Pentateuco, il Deuteronomio, ci introduce nel cuore della Legge di Dio secondo molti studiosi della Scrittura. Già dal primo incontro abbiamo potuto sperimentare la profondità di questo testo a cui molti hanno messo mano per meditarlo e arricchirlo ogni volta sotto l'azione dello Spirito Santo. Egli guida sempre a nuova e più profonda comprensione e ci fa crescere insieme alla costante e continua Rivelazione di sé che Dio rivolge al suo Popolo.
Dio agisce nell'oggi del popolo di sua elezione e di ogni uomo che ascolta la sua Parola, precede, accompagna e guida nel cammino di una storia personale e di popolo. Siamo fortemente consapevoli di questo dono assoluto di Dio che ci parla, si rivela a noi, non diamolo per scontato perché non lo è affatto.
Ad Israele Dio dona la terra verso cui l'ha guidato nel lungo peregrinare, a ciascuno di noi dona tutto quanto abbiamo e siamo, non per nostro merito ma perché Egli è buono e ci ama. Quel Signore che ci dona costantemente la vita ed agisce oggi per noi è Colui che ci chiede di ascoltarlo: "Ascolta... vi insegno... le mettiate in pratica..." ecco le tre azioni in relazione stretta che sono la chiave di una vita saggia e buona: Dio ci istruisce con la sua Parola, noi dobbiamo ascoltare e mettere in pratica senza nulla togliere e nulla aggiungere.
È lo stesso invito che risuona alla fine dell'Apocalisse e che ci testimonia l'assoluta armonia tra l'Antico e il Nuovo Testamento. Ascoltare la Parola di Dio e metterla in pratica è il contenuto della Sapienza come abbiamo imparato dal libro del Siracide.
Vanto degli Israeliti, la Legge di Dio deve risplendere agli occhi dei popoli e questa è la sua unicità di popolo eletto dal Signore, che a Lui appartiene, all'unico Dio trascendente ma immanente perché si fa vicino al popolo che ascolta la Sua Parola e a quanti lo pregano. Come Israele è invitato a non dimenticare quanto il Signore ha fatto per lui, così ciascuno di noi è invitato a tenere memori il cuore e la mente e trasmettere la conoscenza, la gratitudine e la memoria alle nuove generazioni in modo che ciascuno possa maturare la propria personale adesione di fede.
Il popolo guidato da Mosè ha udito solo una voce ai piedi del Sinai, la voce del Dio vivente che pronunciava le Parole di Vita. Non ha visto alcuna figura umana, animale o di elemento naturale, perché non scambiasse Dio per un idolo e fosse tentato di adorare la creatura al posto del Creatore. Uno solo è il Signore, il Dio vivente, il Creatore di ogni cosa!
Israele e la Chiesa, Nuovo Israele, sarà l'unico popolo a non avere idoli ma ad adorare l'Unico Dio che è il Dio di tutti e a tutti dona la sua creazione.