Dibattito Chiesa
Il ruolo dei laici nella chiesa di oggi
Inserito da CristinaB il Mar, 14/10/2008 - 2:55pmSabato, all'incontro delle famiglie, abbiamo brevemente ripreso e commentato le notizie che, a partire da qualche mese fa, e poi di recente sui giornali, abbiamo appreso circa la ristrutturazione delle parrocchie di città. L'argomento ci tocca da vicino, perchè una delle prime cose che accadranno sarà l'unione di alcune parrocchie, tra cui la nostra con la confinante S. Apollonia.
Credo che questo movimento ci interroghi come parrocchiani, come laici, come membra vive di una chiesa che è sempre più povera di vocazioni sacerdotali e che perciò sempre di più deve far conto sulla collaborazione e sull'impegno di tutti.
Questa situazione è certamente originata da un elemento negativo, la crisi di vocazioni, ma potrebbe essere una forte opportunità di crescita delle comunità e dei singoli, chiamati a "far quadrato", ad aprirsi agli altri, a rendersi disponibili al servizio ai fratelli.
Sarebbe bello utilizzare il forum per confrontarsi su questo argomento, sugli scenari che verranno e su come ci percepiamo dentro questo cambiamento. La parola a chi vuole partire...
Accoglienza
Inserito da chiara il Ven, 22/08/2008 - 5:14pmMA PERCHE' NON CI RIESCONO LE PARROCCHIE?
speriamo anche se sono un pò scettica con il cambiamento previsto in ottobre, che qualcosa cambi.
sia per interno parrocchiale che associazionismo ...
soprattutto dalla parte giovanile.
succede solo ai grandi raduni e poi stop.
per forza succedono quelle cose brutte ai giovani (incidenti, droga, alcool, omicidi, sbando ecc): oltre alle famiglie sono responsabili anche le parrocchie.
SE SBAGLIO SCUSA
O PERCHE' NON RIUSCIAMO A FARCI ACCOGLIERE NOI IN PARROCCHIA?
io non so rispondermi.
penso nuovi interessi (sport, vita famigliare ecc)
Toc Toc posso entrare.
Chiara 24 anni, cerco amiche/i dai 24 anni in su per condividere uscite e divertimenti. dato che amici 0.
vi aspetto
Fin quando la vita è Vita?
Inserito da CristinaB il Dom, 27/07/2008 - 9:27pmIl caso di Eluana Englaro, da anni in coma dopo un incidente, il desiderio di suo padre di "lasciarla andare", la sentenza di un tribunale, le varie opinioni di chi si schiera per la vita e chi per la morte quando la vita sembra non avere più senso... tutto ciò rianima un dibattito che in realtà non ha mai fine.
Qualche giorno fa ho letto sulla Gazzetta di Mantova la lettera al direttore che riporto qui sotto. E conoscendo chi l'ha scritta, sapendo quanta dedizione e amore mette nel suo lavoro di medico geriatra, costantemente a contatto con situazioni "al limite", mi sembra una posizione decisamente interessante anche perchè è il pensiero di una persona che si mette in gioco e vede il problema "dall'interno" . Per questo desidero proporla qui sperando che si apra un dibattito che possa interessare ed arricchire tutti.
E’ forse passata troppo inosservata la vicenda di Eluana Englaro, la ragazza in stato vegetativo da 14 anni dopo un incidente d’auto, cui sta per essere applicata la sentenza della Corte d’Appello di Milano che ne sancisce la morte. Questo dramma fa rimbalzare nella mia coscienza tanti pensieri e riflessioni.
Sono medico e geriatra da quasi 30 anni, sono a contatto quotidiano con situazioni esistenziali simili a quella di Eluana, seppur riguardanti prevalentemente persone anziane o comunque adulte.
Due domande forti: è vita questa? Eluana può essere considerata una persona a tutti gli effetti? Dopo anni di accompagnamento e riflessioni le mie risposte sono entrambe positive. Ma a patto di alcuni punti irrinunciabili: considerare la vita come dono indisponibile, e pensare la persona come tale solo se in relazione con gli altri e col mondo. Il caso di Eluana evidenzia proprio la verità di queste due affermazioni. Lei è ancora in vita, respira da sola, si sveglia al mattino, viene messa in carrozzina, alimentata e idratata in modo completo. Riceve carezze, attenzioni, affetto, calore umano. Vive ed è in relazione. Dà vita e relaziona. Solo queste semplici ma fondamentali considerazioni sarebbero più che sufficienti a sottolineare l’assurdità di questa sentenza che rasenta l’omicidio.
E il dramma dei famigliari? Sono certo al primo posto nel mio cuore e nei miei atti. Ma in tanti anni ho capito che la chiave di volta per dar senso a un apparente non-senso è la solidarietà, lo star vicino, l’ascoltare: insomma l’amore operante. Quando i famigliari e ancor più il malato si sentono circondati da un cordone di carità concreta, trasparente, seria, ritrovano entusiasmo, speranza, senso. Le vedo tutti i giorni le infermiere, le operatrici geriatriche, i medici, le fisioterapiste dar senso e trovar senso nel cambiare questi malati, accudirli, preoccuparsi, carezzarli. E soffrire davvero quando vanno ad altra vita. Li vedo tutti i giorni questi malati “estremi” godere del piatto preferito preparato con amore dalla sorella, o rilassare il volto dopo un antidolorifico ben dosato, o vedere il loro volto pieno di salute perché ben nutrito e idratato, o abbozzare un soffio di sorriso per una carezza vera o una battuta carpita nella camera.
Li vedo tutti i giorni, questi famigliari, non depressi, magari stanchi, osservare le sfumature del volto, percepire i soffi del loro respiro, gioire per impercettibili progressi, o preoccuparsi per piccoli disagi del loro caro. Ormai è da tutti gli esperti accettato che la nutrizione, l’idratazione e un nursing intelligente e corretto non sono accanimento terapeutico. Neghereste il latte materno e la dolcezza del corpo della madre ad un neonato? E sapete (come dicono gli ultimi studi) che pure un bambino anencefalo prova emozioni? E perché non dovrebbe provarle Eluana e tanti miei pazienti affetti dalla malattia di Alzheimer in fase terminale (che può durare anche anni)? Siamo di fronte ad un’eutanasia omissiva, non ci sono dubbi. E lo sapete che la sospensione della nutrizione e dell’idratazione (è dimostrato) procurerà ad Eluana (che fisicamente sta bene) almeno 15 giorni di reale sofferenza fisica? Provate voi a stare un giorno senza bere e 3-4 giorni senza mangiare. Vi sentireste bene?
Credo, come ha ben detto il nostro vescovo Roberto Busti, che ha conosciuto personalmente Eluana e chi la cura con amore e dedizione, che vada rispettato fino in fondo il dolore del padre, ma che sia giusto consegnare la vita di Eluana a chi continua ad amarla. E questo vale per tanti nostri anziani (nella Fondazione Mazzali almeno una decina di persone vive una situazione analoga) cui abbiamo il dovere di dare quello che da soli non sono più in grado di fare e avere: nutrizione, cure, affetto, amore.
Credo che più che essere a disposizione della società la vita interpella la società intera. E tutti dobbiamo intensificare il nostro impegno perché nel bisogno e nella malattia, soprattutto quella più grave, nessuno venga mai lasciato da solo, fino all’ultimo momento della consumazione naturale.
Dott. Renato Bottura
Ricordo di Papa Giovanni Paolo II
Inserito da CristinaB il Lun, 14/04/2008 - 4:35pmQualche giorno fa ricorreva il terzo anniversario della morte di Papa Giovanni Paolo II.
Alla sera alle 20 in casa c’era il solito fervore: la preparazione della cena, i bambini che raccontavano gli episodi e le esperienze della giornata, la televisione sullo sfondo per orecchiare cosa era successo nel mondo. Ma quando è partito il servizio del TG che richiamava la figura di Giovanni Paolo sulle note di un canto proposto per la prima volta durante la GMG del 2000 ci siamo fermati tutti in un silenzio carico di commozione. Personalmente ho un ricordo veramente speciale di Papa Giovanni Paolo, è stato il Papa della mia vita, da quando avevo 10 anni e l’ho visto affacciarsi dalla finestra su Piazza San Pietro a dire “se mi sbaglio mi corigerete” fino ai giorni della sua malattia e della morte.
Ho due ricordi particolari che desidero condividere con voi: il primo, nel ‘90 quando venne a Mantova. Noi giovani (allora…) lo aspettavamo a Castiglione delle Stiviere, in canto e in preghiera: quando entrò con la “papa-mobile” nel luogo deputato alla sua accoglienza e ce lo trovammo lì a pochi metri, mi prese un’emozione indescrivibile che ancora adesso ricordo come una cosa unica. Anzi per la verità a distanza di anni mi è capitato di riprovare qualcosa del genere quando mi sono trovata per caso a Roma proprio l’ultima domenica in cui si è affacciato alle finestre prima che la malattia glielo impedisse definitivamente. In quell’occasione la certezza che sarebbe stata l’ultima volta in cui avrei potuto stare alla sua presenza e avrei potuto godere della sua guida appassionata e gioiosa mi diede molta tristezza. Il ricordo del suo tono flebile, quasi un lamento, di un piccolo momento di stizza per non riuscire a dire quello che avrebbe voluto alla folla numerosa presente in Piazza San Pietro mi dà ancora un senso di malinconia. Ma adesso, nel rivedere le immagini in cui dirigeva la “sua orchestra” i suoi giovani, sulle note di “Jesus Cristh you are my life”, penso che il suo messaggio ancora ci accompagna e ci sostiene nei momenti di difficoltà, di dubbio, di fatica. Sarebbe bello che il suo invito alle nuove generazioni a non avere paura, ad aprire le porte a Cristo, a seguire con gioia la Sua strada risuonasse ancora anche qui, attraverso le parole di chi c’era ed ha vissuto quelle GMG indimenticabili (anche per chi, come me… non c’era!)
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