In questi giorni di caos politico può essere ugualmente interessante questa narrazione a margine di un incontro svoltosi a Parma con il giudice Colombo. Il giudice è stato invitato a Mantova il 19 giugno 2008.
Maurizio Chierici: La solitudine dei non raccomandati
Ci guardiamo in silenzio come profughi nella stiva di una nave. I nomi non importa, sappiamo chi siamo: siamo tutti non raccomandati. Se avessimo avuto la tentazione di supplicare o ricattare, sussurri al telefono, pubblici inchini, non ci saremmo raccolti nella sala del Teatro Due di Parma per ascoltare Gherardo Colombo in questi giorni particolari. Colombo analizza l’evoluzione sociale della < Cultura delle regole >. Ha lasciato la toga col pessimismo di chi non vede nel futuro prossimo di un magistrato la possibilità di applicare senza scalare le montagne russe i comandamenti che la costituzione garantisce e che le Nazioni Unite annunciano. Alla fine si è arreso. La buona volontà di pochi finisce in niente se la maggioranza dei cittadini sceglie la sregotalezza come cardine della convivenza lasciandosi incantare dai tamburi dei leader sregolati.
Colombo ha deciso di ricominciare dall’alfabeto del vivere civile; la vocazione alla giustizia è diventata pedagogica. Aveva lasciato la Milano dei processi di fuoco; ha lasciato la Cassazione. Gira l’ Italia con le sue lezioni, due o tre la settimana fino al prossimo autunno.
Università ed incontri pubblici, lezione programmata tempo fa. Il destino l’ha fatta scivolare nei giorni del caos. Gli ascoltatori arrivano stremati dalle voci che immalinconisco la normalità nella quale tutti vorremmo rifugiarci.
Invece ogni ora delusione aumenta: signora Mastella agli arresti domiciliari mentre il marito, ministro della giustizia, bombarda i magistrati responsabili della retata in famiglia. Le sue mani tornano libere; il governo può tremare.
Ecco che Silvio Berlusconi ( a giudizio: sregolatezza ragazze-Rai ) annuncia di voler tornare a Palazzo Chigi per salvare l’ Italia dalle barbarie dei magistrati. Che sono sempre <certi magistrati>, per caso sempre sventurati incaricati di controllare le carte dei giganti o dei nani politici proclamati intoccabili dai loro clan. E poi l’applauso travolgente di palazzo Madama mai tanto unito nell’assoluzione. E poi Cuffaro condannato a cinque anni di galera eppure contento come un bambino promosso a ottobre: aiutare un mafioso non vuol dire legami con la mafia organizzata. Prende esempio dalla signora Mastella: non abbandonerà la poltrona. Il posto è mio. La gente mi vota. Al tribunale degli elettori il giudizio finale. E le ragazze che lo baciano e Casini che si complimenta. E poi l’allarme subliminale che i giornali distribuiscono quando scelgono lo stesso titolo per la prima pagina. <Così fan tutti>. Uniformità che ricorda lo scoppio di una guerra. Intanto le immondizie di Napoli sono sempre lì. Ruini beato fra gli atei devoti esulta per i 200 mila fedeli arrivati in piazza San Pietro. Questa la settimana degli spiriti confusi. Con un filo che riconduce ogni dissapore alla sanità. Per caso si gira sempre attorno alla salute della gente, grande industria nell’Italia mediterranea, ma non solo.
Cuffaro è medico e governa la Sicilia; il sindaco di Catania ha in cura Berlusconi, Fortugno è stato ucciso mentre scavava negli intrighi di una Ausl calabrese. Anche noi giornalisti abbiamo le nostre colpe: non abbiamo capito quando bisognava capire. Trent’anni fa i nostri libri e le nostre inchieste portavano alla luce il legame baronale che eternava il potere delle stesse famiglie nelle corsie degli ospedali. A Torino il grande Dogliotti passava il bisturi al professor Morino marito della figlia. Morino aveva 28 anni ed eredita la cattedra del maestro schiacciando ogni concorrente. Non è un esempio clamoroso, solo la prassi accettata in silenzio dagli esclusi i quali speravano che la riforma sanitaria guidata dagli eletti dal popolo finalmente tenesse conto in meriti e non solo le raccomandazioni. Ma il familismo politico era in agguato e la politica non solo lo ha moltiplicato ma ha aggregato appalti ed altri affari. Trent’anni dopo il bilancio scende ogni mattina dai giornali: dalla mala sanità allo spintone dell’onorevole. Con passaggi epocali nell’industria farmaceutica. Come mai i prezzi delle medicine italiane a volte raddoppiano i prezzi delle farmacie francesi ? Sul servizio farmaceutico nazionale ha governato per anni il professor Duilio Poggiolini. Storia dell’altro secolo che continua nel terzo millennio: tangenti e amicizie avvolte nella P2.
Quando arriva la polizia scopre 39 miliardi di lire nascosti in banche compiacenti, e gli strapuntini del salotto imbottiti di diamanti.
Scandalo, ma i prezzi non cambiano. Poggiolini era amico del professor Francesco de Lorenzo, liberale di grande famiglia napoletana: ministro dell’ambiente e della sanità, 7 anni e mezzo a Poggio Reale. La mano dei giudici era sembrata criminale: una così brava persona… Francesco aveva un padre, Fernando de Lorenzo, tessera P2. Presiedeva l’ente nazionale previdenza e assistenza. Coi soldi dell’ente ha comprato due hotel a Segrate e centinaia di appartamenti: indovinate da chi ? Ha affidato la gestione del teatro Manzoni all’astro nascente dello spettacolo: Silvio Berlusconi, naturalmente P2.
Il familismo amorale nella società mediterranea ispira il saggio del sociologo americano Edward Balnfield, pubblicato dal Mulino a cura di Domenico De Masi. <Il familismo è responsabile dell’inaffidabilità civile di una certa Italia >. Italia anni ’70, venerabile Gelli in agguato. Ascoltando le voci di questi giorni si ha l’impressione che il suo piano Rinascita sia tutt’altro che superato.
Decalogo P2: la magistratura deve essere subordinata al potere politico. Abolizione del ruolo centrale della Rai. Tv via cavo impiantata a catena, ogni casa di ogni città, in modo da controllare la pubblica opinione nel vivo del paese.
Immagino l’impazienza dei reduci P2 nel riascoltare gli antichi comandamenti: ancora quella vecchia storia ! Ma è davvero vecchia ? Gli spettatori accorsi ad ascoltare la lezione di Colombo non hanno questa impressione.
Colombo apre il microfono e dialoga con Andrea Porcheddu, critico teatrale. Comincia evocando Antigone: 2500 anni fa Sofocle la incarna nel dissidio tra leggi morali non scritte ma eterne, e le leggi del sovrano, dogmatiche nell’interpretare le abitudini del potere.
Quand’è che una norma viene riconosciuta iniqua ? Ciascuno di noi – risponde Colombo – non importa dove è nato, non importa come arriva, ha lo stesso diritto al lavoro, allo studio all’assistenza e alla dignità civile. Non può essere scavalcato perché privo di amicizie. La legge è giusta quando non rompe l’uguaglianza tra cittadini attribuendo a tutti le stesse opportunità. Ma se ne tollera la diversità può diventare iniqua. Purtroppo le nostre società sono organizzate in piramidi gerarchiche. C’è chi comanda ed ha solo diritti; man mano si scende, alla base della piramide restano solo i doveri. La legge è giusta se impedisce le sperequazioni eppure ogni legge può essere ritorta da furbi, potenti, ricchi, magari anche intelligenti, appollaiati al vertice.
I pensieri della gente che lo ascolta improvvisamente ondeggiano tra Parma e la Milano della signora Moratti. Un’assonanza. Per ristabilire il diritto previsto dalla legge italiana che ha ratificato la decisione Onu, l’Unicef, Cgil, Partito Democratico ed ogni sinistra che non accetta soprusi, hanno difeso con la protesta i figli degli emigranti clandestini.
Don Luciano Scaccaglia si è infuriato dall’altare perché un assessore sudafricano ( Sudafrica prima di Mandela ) della giunta comunale della città aveva proibito gli asili nido agli ultimi degli ultimi. E l’assessore si è dovuto arrendere. Questa volta le piramidi provinciali non ce l’hanno fatta. La gente non ha dimenticato la lezione amorosa di Mario Tommasini: per primo ha permesso a Franco Basaglia di liberare i sepolti vivi dai manicomi. E ha chiuso i brefotrofi restituendo ad una vita familiare i piccoli dispersi nei lager della carità di mezza Italia. Più di mille senza nome; li ha affidati a famiglie generose che hanno accettato un figlio in più anche se negli anni cinquanta il pane era contato. Possibile che cinquant’anni dopo la zona grigia di una città ricca si sia talmente ingrigita da accogliere con indifferenza il progetto apartheid ? La maggioranza silenziosa non ha aperto bocca; altri lo hanno fatto, per fortuna. E la giunta si è arresa.
Colombo non segue la curiosità di chi ha voglia di spostare la sua analisi sulle cronache vicine e lontane. Non crede nello scollamento tra cittadini e istituzioni ma nello scollamento tra i cittadini e le leggi. Sono i cittadini a scegliere i politici che sentono vicini al cuore. Ricorda come nel passato appena passato ogni due anni venisse concesso il condono a centinaia di migliaia di contribuenti che avevano imbrogliato. Capitali all’estero, guadagni nascosti alle tasse, affari mascherarti nei labirinti di fiduciarie in maschera nei paradisi fiscali. Ecco perché queste persone fanno riferimento alla gerarchia più che alle norme da seguire. E la gerarchia si incarica di rappresentarli ammorbidendo il fastidio delle norme. La costituzione precisa che siamo un popolo di uguali con regole comuni, ma la comodità di farsi coprire le spalle, o spalancare le ambizioni, può travolgere l’equità codificata. Ed è lo spazio di scontro tra chi ha il dovere di applicare sanzioni ai trasgressori della legge, e i vertici delle piramidi che difendono il diritto di non osservare le leggi in certe circostanze.
Bisogna dire che i non raccomandati raccolti in teatro speravano in parole più dure. Nei giorni dello sfascio volevano essere spiritualmente confortati per aver scelto la lealtà del cittadino normale. Ma Colombo non si è liberato dalla pignoleria di magistrato: è un intellettuale che usa le parole solo dopo averne collaudato l’autenticità. La sua storia è una specie di storia dell’ Italia nera: dal delitto Sindona, misteri banca vaticana, scoperta della P2; dai miliardi che sfarfallavano sul metrò della Milano da bere a Mani Pulite. Ha inseguito Previti e i suoi miliardi nascosti nei passaggi svizzeri Mediaset. Fino al 1994, fino a quando Berlusconi non è diventato primo ministro, i politici avevano rispettato l’indipendenza della magistratura. Ma nel ‘94 per Colombo e gli scavatori di Milano cominciano i guai. Sei volte messo in croce dalle indagini. Poteva succedere che le conclusioni fossero paradossali. Il fastidio di una certa Roma politica voleva seppellire a tutti i costi quei matti di Mani Pulite anche se il rapporto degli ispettori liberava i magistrati da ogni sospetto. E la disperazione degli accusati che accusano diventava surreale: se gli ispettori non hanno trovato niente è perché Colombo li ha minacciati o intimiditi. Allora Colombo va a Roma. Pretende chiarimenti, tutti scappano, nessuno chiede scusa. La gente lo ascolta in un silenzio rassegnato. La constatazione dell’essere minoranza avvilisce mentre applaudono.
Tornano a casa confortati dal signore impegnato a resuscitare la cultura delle regole, ma con la conferma che non tutti hanno voglia di una società trasparente. La < modernità > dei prestigiatori assolve le trasgressioni e i magistrati indifferente al censo degli indagati cominciano ad arrendersi. Si spengono le luci del teatro si riaccende la Tv. Ruini commosso dopo il grazie di Benedetto XVI. Dai colori della folla i politici escono angelicati. Borghezio Lega dura non ha dubbi: il Papa day é la risposta alle forze occulte che tramano contro la libertà. Più in là aspetta l’intervista Fabrizio Cicchitto, spalla di Bondi in Forza Italia, vecchia tessera P2.
tredici uomini "morti" in carcere ... e non è colpa del virus
Dunque sono sette (1,1,1,1,1,1,1)gli uomini morti tra ieri e oggi nelle carceri italiane; e non per colpa del virus (che non può avere colpe), ma nel contesto della situazione degradante in cui sono costretti a vivere. Prima di chiudere la giornata, non dimentichiamo un sussulto di umanità, e una preghiera rivolta a Dio per loro.
E oggi - martedì - sono addirittura DODICI ....... terribile!
E oggi - mercoledì sono TREDICI ... senza parole ...
orizzonte...
Quand’è che una norma viene riconosciuta iniqua ? Ciascuno di noi – non importa dove è nato, non importa come arriva – ha lo stesso diritto al lavoro, allo studio all’assistenza e alla dignità civile. Non può essere scavalcato perché privo di amicizie. La legge è giusta quando non rompe l’uguaglianza tra cittadini attribuendo a tutti le stesse opportunità.
Mi permetto di stralciare e ripetere nuovamente questa breve frase perchè particolarmente bella, non banale e spesso disattesa.
Questo scenario ci mette in grande crisi! E i cristiani, per quello speciale carisma di verità e giustizia che discende da Gesù Cristo stesso, non possono tacerlo a se’ stessi, e devono far riecheggiare ogni voce che “grida nel deserto” con l’intento di educare, risvegliare la coscienza e operare concretamente per una maggior giustizia ed equità.
Grazie del richiamo a tenere giustizia ed equità come grandi orizzonti di riferimento. Per una prassi di cittadinanza che se non è apolitica, dovrebbe però almeno essere sovrapolitica, perchè non esiste più democrazia ne’ politica in uno scenario dove giustizia e legalità sono deturpate. Giustizia e legalità non possono appartenere ad una parte, ne’ tantomeno possono mai essere “di parte”, ma devono essere ricercate e salvaguardate da tutti, insieme, con profondo spirito di verità.
Il titolo della discussione
Il titolo della discussione mi piace "Legalità e giustizia" , il sottotitolo "la solitudine dei non raccomandati" mi invoglia a leggere con entusiasmo. Il testo seguente mi fa scrivere di getto quanto penso in merito ma successivamente mi ricordo della linea di condotta proposta da leo (e da me condivisa) per questo Forum ed al fine di non rischiare di addentrarmi in polemiche decido di non esprimere la mia opinione e per non alimentare un dibattito che non ritengo costruttivo lascio che sia solamente il giudice Colombo ad esprimere la sua opinione.
Personalmente ritengo che la pubblicazione dell'opinione già conosciuta e perseguita da anni del giudice Colombo, mai dimostrata nei fatti, ma conforme ad un teorema ben noto, sia proprio quello che secondo la linea suddetta e la mia opinione personale cercavamo di evitare nel nostro sito parrocchiale.
legalità e giustizia 3
Per cercare di affrontare le legittime perplessità di Marco e non ridurre i tentativi di comprendere e soprattutto ricercare un coerente percorso di fede, vorrei proporre un brano del Vangelo di Luca (Lc. 3, 19-20): “Inoltre Giovanni aveva rimproverato il governatore Erode perché si era preso Erodiade, moglie di suo fratello, e per altre cose cattive che aveva fatto. Allora Erode aggiunse un altro delitto a quelli che aveva già fatto: fece imprigionare anche Giovanni”.
Come sia finita poi, lo sappiamo fin troppo bene. Ora, mi si potrà eccepire cosa centri San Giovanni Battista con i Magistrati Colombo, Falcone, Borsellino (… si può uccidere in molti modi). Effettivamente non molto se non per una cosa … che tra i cittadini di Gerusalemme ci saranno stati una Mariangela, un Marco, un Alberto … come noi, che hanno taciuto.