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Lettera pasquale dei missionari da Gighessa (2008)

P.O. BOX 29 SHASHEMANE – ETHIOPIA                                             

TEL. 00251 46 1190661 – EMAIL: gighessa@libero.it

Sito internet: www.centromissionario.mn.it  

“Non abbiate paura!....Non è qui. E’ risorto”. (Mc. 16,6)

E’ l’eco delle parole umane che attraversano i secoli e rimbalzano fino a noi per annunciarci un evento straordinario, quello della resurrezione di Cristo!

Ma come è possibile raccontare una “storia” così bella quando ancora siamo prigionieri di tante piccoli e grandi paure, personali e sociali, immaginarie e reali.

Come è possibile essere tranquilli quando il nostro futuro tra le tante incertezze ci riserva una certezza con cui tutti, prima o poi, dobbiamo fare i conti: la morte.

Ecco allora riaffiorare alla mente quella parola che  un giorno hai detto ai tuoi amici, sì perchè tra i tanti nemici anche tu avevi degli amici che poi si sono rivelati dei pusillanimi: “Vi ho detto queste cose perché abbiate pace in me. Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!” (Gv. 16,33). 

Però il dubbio che ha macerato il cuore di Israele oggi attanaglia anche il nostro cuore: “«Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato». Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai”.(Is. 49,13-14).

Ma davanti all’evidenza della morte della figlioletta al capo della sinagoga che cosa gli dici? «Non temere, continua solo ad aver fede!». (Mr 5,36). Cosa che lui ha fatto ed ha riottenuto quanto aveva appena perduto.

Ci rendiamo conto Signore che la nostra fede è più piccola di un granellino di senape, per cui davanti alle tue meraviglie rimaniamo ciechi, sordi e muti. A Te, dunque, eleviamo la stessa invocazione dei tuoi discepoli: «Aumenta la nostra fede!». (Lc. 17, 6). Solo così la luce della Pasqua illuminerà il buio e il grigiore delle nostre vite. Tutto diventerà  chiaro e comprensibile, tutto acquisterà un senso.

E’ questa la direzione del nostro impegno qui in Etiopia tra la nostra gente: essere “ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio” (1Cor. 4,1) perchè la fede sia seminata nei cuori e porti i suoi frutti di salvezza. Perché questo annuncio possa arrivare davvero a tutti, stiamo lavorando per la formazione dei catechisti, per la preparazione di testi e sussidi, per la traduzione della liturgia e delle preghiere nella lingua nativa del nostro popolo di razza Oromo. In questo modo speriamo che ciascuno possa sentirsi davvero raggiunto nel cuore dalla Parola di misericordia e di speranza che è la Risurrezione del Signore Gesù, al di là delle barriere di cultura, di lingua, di condizione sociale, di razza.

Sappiamo però che “noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta” (2Cor. 4,7)  per cui ci tocca spesso spendere molto tempo a curare questi vasi così fragili ed esposti alle tante difficoltà di una vita molto dura. “Vasi” segnati dall’handicap, dall’ignoranza, dalla povertà, dalla malattia, dalla fame, tutti ambiti in cui quotidianamente ci dobbiamo misurare, e non sempre con successo.

Dopo che questo anno giubilare era iniziato positivamente, anche dal punto di vista materiale, con un buon raccolto di grano a novembre, è bastato che venissero meno le piogge di marzo, indispensabili per le patate, per mettere in grave indigenza molte famiglie e a rischio soprattutto la vita dei più deboli, i bambini.

Ma la generosità di molti e la fiducia nel Signore che ha detto: Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt. 28,20) ci sostengono nell’impegno a favore di questa gente che piano piano sta cercando di uscire dalla tomba delle tante schiavitù verso la libertà di un futuro più luminoso.

 

Buona Pasqua, dunque e...

... il Signore Risorto ci aiuti a fare
delle nostre vite
un “Alleluia” a lui gradito!

 

Abba Gianfranco, Abba Matteo, Abba Eyasu, Abba Vito, Abba Joseph, Sr. Assunta, Sr. Abrehet, Sr. W/Gabriel





alla luce della pasqua

tracce di resoconto di un anno pastorale a gighessa

liberamente ispirato da una vera riunione avvenuta in missione 
lunedì 24 marzo ’08

 

DON VITO: Beh, quello che facciamo si sa, ed è presto detto. Ognuno di noi segue alcuni villaggi per la Messa e le altre attività. Io sto cercando soprattutto di aiutare i nostri cristiani a sentirsi loro stessi Missionari, a sentirsi responsabili del futuro della Chiesa. Nei due villaggi di Wotara Danshe e Danshe Kemero, in ciascuno ci sono solo 5 o 6 famiglie cristiane, anche quelle con diversi problemi e difficoltà. Se non sono loro stessi a farsi portatori del Vangelo, con le parole e con la testimonianza della vita, la Chiesa cattolica qui non può avere un futuro. Tra l'altro in questi villaggi è forte il problema della lingua: ormai tutti qui parlano comunemente solo la lingua Oromo, e stiamo quindi anche lavorando per tradurre i libri liturgici nella lingua locale, con i conseguenti problemi... per lo meno mostriamo loro la volontà di andare incontro ad ogni persona nella sua realtà. Cristo Risorto parla oggi a ciascuno di loro, e nella lingua dei loro padri!

ABBA JOSEPH: Ecco, è proprio questo che cerco di fare anch'io con i giovani: attraverso gli appuntamenti del canto, dello sport, della preghiera, della catechesi... far loro capire, o meglio sentire che questo Gesù di cui parliamo è vivo, e vuole parlare al cuore di ciascuno di loro. Così anche le piccole comunità cristiane che si ritrovano ogni settimana nelle case, pregano insieme e poi cercano di capire alla luce della Parola di Dio i fatti accaduti nel loro territorio. Adesso ad esempio c'è la siccità e di conseguenza fame e malattie. Così come fanno i credenti delle altre religioni, stiamo pregando anche noi per la pioggia. E' difficile credere e predicare la bontà di Dio in questi momenti.

ABBA EYASU: Tra l'altro queste persone sono spesso coinvolte in tensioni, contrasti, per l'invidia nei confronti di chi ha di più e per la effettiva indigenza in cui molti vivono. La prima cosa da fare è educare alla riconciliazione, scoprire che è possibile ed anche bello vivere nella pace che il Signore ci dona. Per fare questo cerchiamo di mostrare le strade della giustizia e della pace, secondo il Vangelo ma confrontandoci con la cultura e i costumi del nostro popolo Oromo. Ci sono tante cose belle che permettono un dialogo tra la cultura e il Vangelo, ma anche dei punti in cui si trovano in contrasto.

DON MATTEO: Ad esempio?

ABBA EYASU:  E' vicino allo spirito evangelico il forte senso di solidarietà familiare, e soprattutto l'importanza che si dà alle persone e alle relazioni più che alle cose. Ciò che invece il Vangelo può far scoprire è legato alla dignità di ogni persona, soprattutto i bambini e le donne. C'è da pensare ad un senso di fratellanza che vada al di là dei confini della tribù e si apra davvero a tutti, buoni e cattivi.

DON GIANFRANCO: A dire il vero questo è difficile dappertutto: "Amate i vostri nemici" viene detto da quasi 2000 anni nella nostra "vecchia" Europa, ma da lì a metterlo in pratica...
Comunque è proprio per avviare questo processo di cambiamento e di evangelizzazione della cultura che puntiamo molto sulla formazione delle persone. Occorrono cammini solidi e non improvvisati, verifiche sul campo, sussidi adeguati e scritti nella lingua locale. Il nostro Centro Socio-Pastorale diocesano che si trova a Gighessa lavora a pieno ritmo proprio a questo scopo.

DON MATTEO: E' per questo allora che sei spesso in viaggio per la Diocesi?

DON GIANFRANCO: Se vuoi che le idee e i progetti non rimangano solo sulla carta, occorre interpellare e coinvolgere direttamente le persone. L'anno del Millennio è arrivato ormai oltre la metà, ma il lavoro che resta da fare è ancora tanto, per dare luce e speranza a tutti i settori della vita delle persone...

DON MATTEO: In questo senso, è parte dell'attività pastorale anche costruire ponti per collegare i villaggi lontani, campi sportivi per i giovani, dare sostegno alle scuole pubbliche, trasportare i malati urgenti all'ospedale. Insieme a questo, ci sono tanti "piccoli" segni di speranza che ci arrivano attraverso le adozioni a distanza che sostengono la scuola materna e elementare, la clinica dei bambini portatori di handicap, le attività di promozione della donna.

Nei nostri missionari sento

Nei nostri missionari sento al volo una gran voglia di credere e una gran voglia di fare, rischiando anche sul piccolo, sulla singola persona, sul singolo malato, su quelle tre famiglie in quello sperduto villaggio. Era forse molto diverso in qualche villaggio della Galilea intorno all'anno 28, quando Gesù passava? Ed è molto diverso nelle nostre parrocchie, che proprio vivono e annunciano il Vangelo con la voce dell'umile gente delle nostre vie e dei nostri quartieri? Come si assomiglia la chiesa, e quanta viva speranza fluisce ni cuori: non è questa la missione? Anche la settimana di nimazione missionaria che stiamo vivendo in parrocchia ci aiuta a scoprire l'azione serena e instancabile di Dio. Grazie ai fratelli e amici di Gighessa!