Terza domenica e settimana di Pasqua - 26 aprile
La parola del Signore illumina e riscalda la nostra vita e ci accompagna anche in questa domenica e settimana pasquale. Ci concentriamo solo sulla splendida pagina del Vangelo secondo Luca (apriamolo al capitolo 24, dal versetto 23 al 35). E' ancora lo stesso giorno della Pasqua di risurrezione, nel pomeriggio; ancora due discepoli titubanti, nonostante sia giunta voce dalle donne e dai discepoli che Gesù è risorto. Resta infatti la loro (e forse la nostra?) grande obiezione: ma Gesù non lo hanno visto!
Dunque i due discepoli (che non hanno nome, possiamo inserire qui il nostro nome) si incamminano, lasciano Gerusalemme per un villaggio non lontano, Emmaus. Conversano di tutto quello che era accaduto in città: una conversazione sfilacciata, indecisa, problematica: come la loro fede (e la nostra?). Gesù si avvicina, diventa compagno di viaggio, ma non viene riconosciuto da loro, o meglio non può essere riconosciuto, essendo, così scrive il vangelo, il loro sguardo impedito (il nostro sguardo è impedito, mentre Gesù è vicino e si manifesta ...?). Gesù si inserisce subito nei loro discorsi, di cui ora ci viene indicato l'argomento: la triste e deludente vicenda di Gesù di Nazareth, certamente grande profeta di Dio per le sue parole e le sue opere (guarigioni, etc.), ma rifiutato dai capi, condannato a morte e crocifisso. Noi speravamo che avrebbe ridato splendore al nostro popolo umiliato... invece sono già trascorsi tre giorni (e nulla è cambiato... forse esprimiamo anche noi con parole molto simili la nostra delusione?). E' vero che alcune donne, discepole di lui, si sono recate al sepolcro questa mattina e non solo non hanno trovato il suo corpo, anzi degli angeli hanno annunciato loro che Gesù è vivo; anche alcuni uomini del nostro gruppo sono tornati al sepolcro e confermano di averlo trovato vuoto. Resta però la questione decisiva: non hanno visto lui, Gesù... (dunque a che cosa sono serviti gli indizi ...?).
Ora è Gesù a prendere in mano la situazione; e lo fa con piglio profetico, cioè rimproverando i due uomini, diffidenti circa la verità delle parole pronunciate dai grandi profeti di Israele e contenute nell'intera bibbia. E se ci chiediamo quali sono queste grandi parole della Scrittura, ecco la sintesi fatta da Gesù stesso: "Bisognava che il Messia patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria": e così lo scandalo del rifiuto e della crocifissione viene riportato dentro il progetto divino della salvezza dell'umanità: un caso della violenta storia umana diventa il dono supremo della vita divina offerta da Gesù. Così Gesù spiega ai due discepoli (e oggi a noi) il progetto di Dio nell'unico modo possibile: Scrittura alla mano! E la Scrittura ha un centro: Gesù nel mistero della sua Pasqua! Così nella chiesa oggi si legge la Scrittura, a partire dal suo centro!
I tre giungono al villaggio; Gesù, avvicinandosi la sera, viene invitato a fermarsi nella casa dei due discepoli; e il vangelo precisa: Gesù entrò per rimanere con loro (quasi a dirci che egli viene anche oggi non per andarsere, ma per restare con noi; il come del suo permanere sarà esplicitato tra poco, anzi subito). "Quando fu a mensa con loro, prese il pane, recitò la preghiera di benedizione a Dio, lo spezzò e lo diede a loro". A questo punto lo sguardo obnubilato dei discepoli si rischiara ed essi "lo riconobbero". Si noti bene che il vangelo non scrive: lo videro, bensì lo riconobbero; da qualche ora Gesù era con loro, ma solo dopo il rischiaramento delle Scritture e lo spezzamento del pane essi sono in grado di riconoscerlo. Dunque l'obiezione e la domanda iniziale trova così la sua adeguata risposta: non si tratta di vedere e di verificare Gesù risorto dai morti, ma di aprire mente e cuore ai doni di Dio, cioè di credere. A questo punto - notiamolo bene - l'apparizione di Gesù diventa superflua (per i due discepoli come per noi): perciò "egli sparì dalla loro vista".
Ultima fase: i discepoli riprendono il dialogo a due e riconoscono che la spiegazione delle Scritture offerta da Gesù ha riscaldato il cuore: era freddo, ora è caldo; era incredulo, ora è credente. Ma la storia (l'incontro) con Gesù non finisce così, non può finire qui: presi anch'essi dalla fretta pasquale (abbiamo rilevato come gli avvenimenti della Pasqua di Gesù sono caratterizzati dalla fretta: è la fretta del compimento, non dell'ansia), subito si mettono in viaggio (cosa molto pericolosa a quel tempo, nella notte, a piedi), ritornano a Gerusalemme (che resta il centro) dove ritrovano gli Apostoli e gli altri discepoli; e li ritrovano "riuniti", non più smarriti e sparpagliati. Ora sembra di coglierli tutti insieme con una gran voglia di parlare, per così dire uno addosso all'altro. Quelli di Gerusalemme dicono: "davvero il Signore è risorto ed è apparso a Pietro" (come rappresentante di tutta la chiesa); e quelli di Emmaus confermano: lo abbiamo incontrato e riconosciuto nello spezzare il pane. E' la testimonianza comune della chiesa che nella Scrittura e nell'Eucarestia giunge fino a noi, ... oggi.
Dunque il Cristo rimane con noi nella Scrittura e nell'Eucarestia, ambedue consegnate a ciascuno e a tutti nella chiesa, con la grazia dello Spirito Santo.
Ci scambiamo gli auguri per questa domenica e settimana con le parole di Gesù nel libro dell'Apocalisse (3, 20), parole che sembrano commentare l'incontro di Emmaus, e ormai ogni incontro col Cristo vivente in eterno: "Ecco sto alla porta e busso: se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta, io verrò da lui e cenerò con lui ed egli con me".
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