Giovani fragili o fragili noi?
Leonardo mi ha fatto leggere non più tardi di questa mattina, l'articolo di una madre in forte apprensione per il proprio figlio diciassettenne. Il suo intervento mi ha provocato la seguente riflessione.
Nonostante sia madre di figli adolescenti, o forse proprio per questo, non riesco ad approcciare il problema dello “sballo del sabato sera” e annessi come problema dei giovani.
Non riesco a pensare e sperare che il problema della ricerca di senso dei miei figli possa risolversi (o farmi anche solo stare meglio) attribuendo “colpe” e ricercando “colpevoli” lontani da me. E’ colpa delle discoteche che tengono aperto tutta la notte, dei paninari pure, dei bar che vendono alcolici a qualunque ora e a chiunque, delle case automobilistiche che producono auto troppo veloci, delle strade a curve e di chi le non fa nulla per meglio progettarle, delle veline e dei tronisti che riempiono i giornali, del grande fratello … e sopra tutto … della “società”.
In tutto questo percepisco una forte distorsione, uno scollamento con la realtà, con il qui ed in questo momento.
I nostri figli ci chiedono di esserci, di ascoltarli, di avere tempo per loro. Ci chiedono regole e chiedono a noi per primi di rispettarle. Ci chiedono coerenza. Cercano in noi il senso di quella vita che sperano di avere. Siamo i loro modelli, il loro punto di riferimento. Chiedono di essere amati e, per questo, anche di essere sgridati e limitati nei loro eccessi. Ci guardano in continuazione e colgono e assorbono tutte le nostre difficoltà. La nostra tensione quotidiana diventa loro. Tutte le nostre scelte ricadono su di loro. Non ci vogliono perfetti. Ma semplicemente ci vogliono. Siamo il loro trampolino di lancio verso la vita. Possiamo renderli sicuri o distruggerli per sempre. Ne abbiamo la responsabilità e non è delegabile a nessun altro. E’ una responsabilità che possiamo solo condividere. Con le famiglie di origine, con gli insegnanti, con i componenti della comunità parrocchiale, con gli amici.
Maggiori investimenti in cultura, in istruzione non guasterebbero certo. Ma quanto denaro vediamo sprecato in “progetti” estemporanei e straordinari dalla denominazione “innovativa” dei quali non si conoscerà mai la reale efficacia perché con ogni probabilità ne sono semplicemente privi. E quanti “progetti” ordinari, che tendono a rispondere a delle esigenze piccole, quotidiane, non vengono nemmeno presi in considerazione perché, per contro, non sono “innovativi”.
Forse, però, non è l’”innovazione” ciò che dobbiamo ricercare, nella scuola come nella famiglia. Ciò che dobbiamo fare è semplicemente avere attenzione all’oggi: alle domande che mi rivolgono i miei figli oggi, adesso. E se questo significa che devo ritardare o non andare affatto ad uno degli impegni che avevo potenzialmente programmato … fa niente. E’ una questione di priorità.
Educare i figli è complesso come è complessa la vita. Non esistono regole precostituite. La vita si srotola e cambia direzione in continuazione in funzione delle scelte o delle non scelte che facciamo. Quelle non rimandabili. Le piccole scelte, non quelle grandi che sono poche nella vita e ci si augura frutto di riflessione e adeguata premeditazione. Quelle piccole scelte quotidiane che costano tanto perché chiedono di stare all’erta e anche di modificare i propri piani in questo momento.
Per questo motivo credo sia poco efficace “incolpare” - nel senso di attribuire la responsabilità o buona parte di essa - a qualcuno di diverso da noi stessi. Può essere importante incominciare a mettere in discussione l’idea che si ha del nostro essere “famiglie normali” dove la diversità sarebbe connotata dal disagio/degrado socio/economico. Evidentemente non è lì il discrimine dal momento che i giovani che hanno comportamenti deviati appartengono per la stragrande maggioranza a famiglie “normali”. Forse, allora, se davvero voglio che qualche cosa cambi devo accettare di mettermi per primo in discussione e cambiare a mia volta. Senza aspettare che lo faccia qualcun altro al posto mio perchè potrebbe essere troppo tardi.
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