Dal secondo diario di Vera Reggiani - 30 Settembre 1993
30 settembre 1993
Quando l'uomo fà la scoperta del limite e della morte reagisce in diverse maniere. Una molto frequente è il ricorso alla superstizione, alla ricerca, cioè, di forze che gli possano consentire di superare limiti e insufficienze. Un’altra maniera di reagire è la fede in Dio. L’uomo sa allora che la soluzione del suo problema non sta nel moltiplicare i beni, o nell’ampliare il suo dominio, ma in un atteggiamento interiore che lo rende capace di vivere in modo positivo ogni situazione. Quando si giunge a questo traguardo ogni atto di amore non si ferma ai beni che si offrono, ma attinge il Bene che attraverso essi si dona e che resta a disposizione anche quando le offerte sembrano impoverirsi. Si scopre, allora, che il dono atteso non viene solo dalla attuazione dei desideri o dei progetti; che anche il fallimento, l’ingiustizia subita e persino la morte possono essere vissuti come esperienze positive. Si sperimenta, quindi, che la vita può essere più ricca dei nostri desideri, e che si offre in modo diverso da quello atteso; si comprende che il Bene è sempre più grande del nostro cuore e si avverte la fondamentale esigenza dell’uomo: scoprire la dimensione trascendente della vita.
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