Lettera di Natale 2007 - Brasile
São Mateus do Maranhão, 8 Dicembre 2007, Immacolata Concezione di Maria
Carissimi fratelli e carissime sorelle,
eccoci all'appuntamento consueto delle feste del Natale: ci scambiamo ancora una volta gli auguri e ci confermiamo nella comunione e nell’amicizia.
Quando non avevamo il telefono e non esisteva l'internet sentivamo con peso e nostalgia la distanza dalla nostra terra e dalla nostra Chiesa, ma oggi, anche se la Cittadella ci arriva in ritardo, non ci mancano informazioni e notizie da Mantova e dall'Europa.
Cosí abbiamo accompagnato con affetto il congedarsi di Mons. Caporello e l'avvicinarsi di Mons Busti.
Abbiamo ricordato i sacerdoti chiamati alla casa del Padre: tra loro Don Emilio e Don Salvato...
Stiamo studiando e commentando l'ultima encíclica del Papa.
Ed accompagnamo con preoccupazione le vicende politiche dell'Italia, che dovrebbero sfidare la nostra creativitá pastorale e la Missione della Chiesa.
Sappiamo che, fin dal tempo di Don Claudio, i preti missionari in Brasile pensano che, a partire dalla loro esperienza ecclesiale, possano dire qualcosa sui cammini della Chiesa mantovana. E' una presunzione che, molte volte, crea problemi di comprensione e comunione.
Come se noi avessimo le ricette e le soluzioni pastorali che voi non riuscite a scoprire!
O come se noi vivessimo in condizioni privilegiate per capire e tradurre il Vangelo a partire dalle tragedie degli impoveriti!
Sappiamo tutti che non é cosí. E non solo perché siamo dei poveri uomini e dei credenti minuscoli, ma perché siamo chiamati a confrontarci, insieme alle nostre comunitá, con situazioni nuove e difficili.
In che cosa le nostre Chiese si assomigliano un poco? Crediamo che la tensione tra mantenimento dell'esistente e missione sia un elemento caratteristico di questi tempi di Chiesa. Anche qui le parrocchie rischiano di diventare – e molte giá lo sono – supermercati del sacro e, ridotte alle sagrestie – che in Maranhão non nascondono tesori artistici –, si allontanano sempre di piú dai nuovi poveri, dai disastri delle favelas, dai linguaggi dei giovani, dal mondo del lavoro e della disoccupazione, dalle cose della vita e della storia.
In che cosa, nonostante tutto, le Chiese dell'America indo-afro-latina sono diverse?
Qui le comunitá di base, la profezia e il martirio sono ancora caratteristiche costitutive e storiche della Chiesa.
Lo dicono i Vescovi del Continente e dei Caraibi, riuniti, in Maggio, in Aparecida nella V Conferenza del CELAM.
Lo dice un Vescovo del Nordest, Dom Luís Flávio Cappio, che sta pregando e digiunando per difendere i territori e le comunitá di indigeni e pescatori minacciate dal progetto governativo di deviare il corso del fiume São Francisco.
Lo diciamo anche noi a partire dalla piccola São Mateus, dove la miseria, la violenza, la disoccupazione, il fallimento della scuola, la corruzione política, l'assenza dello stato creano un paesaggio desolante e difficile. Difficile per le piccole e fragili comunitá e difficile per noi preti.
Lo diciamo anche noi a partire dal Maranhão, dove quel che resta dell'Amazzonia e della Savana é invaso, ogni giorno di piú e con incontrollabile violenza, dalle grandi imprese agricole che producono soia e canna da zucchero. Viviamo il tempo dell'etanolo, il necrocombustibile che, nelle menzogne di chi dirige il mondo, sarebbe ecologico e addirittura etico.
Testimoniamo, invece, quotidianamente, quali sono i costi umani, sociali, culturali e ambientali dell' ”Inferno verde” dell'agricoltura per l'esportazione.
Che fare allora? Come vivere la Speranza senza mettere tra parentesi il tempo presente?
Come superare un concetto di Speranza sentimentale e intimistico, che ci allontana sempre piú dalle vicende dell'umanitá?
Come riconciliare la Parola di Dio con la vita?
Andiamo ancora una volta a Betlemme. Cerchiamo Betlemme negli angoli nascosti e dimenticati delle nostre geografie e della nostra storia.
E ancora una volta incontreremo realtá e segni difficili da decifrare, perché smentiscono le nostre attese e previsioni.
Incontreremo Gesú nel volto dei fratelli e delle sorelle, dei poveri e degli stranieri, dei malati, dei vecchi e dei prigionieri.
E, come i Magi, incontreremo luce e speranza in questi presepi.
Riprendendo il cammino di casa, eviteremo con cura di fermarci nel palazzo di Erode, perché anche oggi queste informazioni sono pericolose e sovversive.
Buon Natale!
Con affetto fraterno, vi mandiamo un caldo abbraccio brasiliano.
Don Flavio e Don Luigi
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